Istanbul

Da molti anni (decenni ormai), si parla dei non-luoghi. Posti in cui il tempo sembra essere sempre fermo, posti che rimangono sempre uguali a se stessi. Posti che potrebbero essere ovunque. Sono non-luoghi i supermercati, i centri commerciali, le grandi catene di cinema o dei fast food. Se dovessi definire Instanbul in una parola, direi che è l’esatto contrario di tutto questo. Direi che Istanbul è il “Luogo” per eccellenza.

Istanbul è un posto che può essere solo qui, e da nessuna altra parte. È la città che sa rispondere ai mille perché sorti a un viaggiatore che, partito da Trieste, decidesse di inoltrarsi sempre più a est, seguendo la costa oppure l’entroterra. Istanbul è la risposta alla lenta trasformazione del paesaggio, che dal verde florido della Slovenia si fa sempre più brullo fino ad arrivare alla ventilata meraviglia delle spiagge greche. Istanbul sa spiegare con un solo scorcio la trasformazione dei monumenti, dalle chiese cattoliche croate a quelle ortodosse di Serbia e Bulgaria, per finire con le moschee che diventano sempre più frequenti dalla Bosnia, all’Albania e fino ai confini con la Turchia. Istanbul è la città dove fumare, per una donna con il velo è perfettamente normale. Distruggendo con un solo gesto l’immagine distorta che noi spesso abbiamo di un mondo che conosciamo ancora troppo poco. Istanbul è il posto dove puoi trovare una moschea e subito dopo, una chiesa. Dove sotto i canti dei muezzin si intrecciano affreschi cristiani, minareti, grattacieli, donne velate, ragazze sbracciate, turisti occidentali e orientali, turisti russi che qui trovano al momento uno dei pochi hub di collegamento con il resto del mondo occidentale. Istanbul, da sempre porta di contatto tra oriente e occidente, continua a mantenere il suo ruolo fondamentale nel mondo. Immune negli anni a molti dei processi di trasformazione che hanno coinvolto gli stati confinanti e la Turchia stessa, questa città sembra essere uno stato a parte, un Luogo a parte, ben definito e geograficamente preciso. A cavallo del Bosforo, una parte della città saluta l’Europa e l’altra abbraccia l’inizio (o la fine) dell’Asia e del Medio-Oriente. Con la torre di Çamlica che sovrasta la riva asiatica di Kadiköy, Istanbul sa essere incredibilmente moderna. Per capirlo, basta fare una passeggiata sulla riva del quartiere di Moda e ammirare l’incredibile skyline di grattacieli che fanno a gara per dominare la parte asiatica del Bosforo.

In un capolavoro che s’intitola “Le città invisibili”, Calvino una volta scrisse: “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. Ecco allora. Se dovessero chiedermi, qual è la risposta alla tua domanda? Qual è la risposta alla domanda “Perché i Balcani?”. Da dove vengono tutti quegli odori e quei sapori che si affacciano timidamente al porto triestino, per diventare sempre più intensi man mano che si prosegue verso sud-est? Qual è la risposta, l’unica spiegazione che si può dare alla conformazione dei paesi balcanici, alle loro tradizioni, agli odori e ai sapori dei loro cibi, ai suoni della loro musica? Qual è la risposta alle domande “Perché la Slovenia?”, “Perché la Croazia?”, “Perché l’Albania?”, “Perché la Grecia?”. Ecco, per me la risposta a tutte queste domande, sarebbe una e una soltanto: semplicemente, “Istanbul.”

Il sole e la notte

E se tu fossi

come il sole e la notte

Io comunque ti amerei,

perché non è una tua colpa

questo alternarsi delle stagioni.

Vivrei con te il giorno,

respirando l’aria fresca dei campi,

facendomi accarezzare dall’erba

e dallo scroscio dei ruscelli.

E la notte, come Persefone

ti seguirei nell’Ade,

diventerei la regina degli inferi,

tenendo testa al tuo buio.

Ricordando,

attraverso uno spiraglio

creato di nascosto,

tra le pieghe degli anni,

la luce che ci attende

alla fine dell’inverno.

Oggi sposi

E di tutti

Sei sicuramente il più bello

L’immagine più nitida

La figura più netta.

Il nostro matrimonio

È durato un’ora, 54 minuti e 7 secondi.

Dopo il primo minuto ci eravamo già baciati,

e al quarantesimo eravamo una coppia stanca.

L’ultima ora l’abbiamo passata

A riprovarci

E ci volevamo bene, ma niente ha funzionato.

Negli ultimi 14 ci siamo lasciati, senza dircelo.

E in 7 secondi ho riguardato il cielo,

E sentito quanto è bello.

Dondolando

Siamo entrati

nell’età senza tempo.

Siamo già un insieme

di mille io

di mille te

che si sono già incontrati

nelle pieghe del nostro passato.

Il tuo primo bacio

era un bacio

vecchio di mille anni

Col sapore di desiderio,

come se già sapessi

cosa ti aspettava.

Col sapore di abbandono,

come se già sapessi

cosa mi aspettava.

E come in passato,

non ci tiriamo indietro,

ma seguiamo questa spinta

Ciascuno dal suo lato,

perché è dolce dondolare

In un’età senza tempo.

Disegno

Ti disegno

Non tanto perché penso di essere brava

Né perché penso ti possa piacere

Ti disegno

Perché mi piace l’idea

Di accarezzare con la matita

I tuoi lineamenti.

Perché mi piace dare ai tuoi occhi

Quella luce che ho visto

Quando ho immaginato

La tua essenza.

Ti disegno

Perché non ho di meglio da fare.

Velluto

E allora se non puoi

amarmi

Accompagnami almeno in questa sera

e per una manciata di giorni,

in modo che io possa dire:

Anche oggi ho vissuto.

Sognare il bambino che ho in me

E che non nascerà mai

Sognare nostro figlio

Che avremmo dovuto proteggere

da tutte le intemperie

Mentre non siamo riusciti a resistere

Neanche a un soffio di vento.

Pullman

Cosa ti danno questi pullman

Che viaggiano nella notte?

Da anni la stessa strada, accompagnata dal Naviglio.

Prima era un po’ incerto, ora lo sai

Cosa ti aspetterai.

Mi siedo e mi guardo intorno:

Osservo.

Mi scalda questa gente,

persa nei propri pensieri,

all’una di notte come me

sulla strada di casa.

A cercare, nel vagare

Un conforto del momento

Un leggero stordimento.

Mi culla questo respiro

di uomini come me

di gente come me.

Di amici,

che semplicemente

non conosco.

Ma che annuso,

e riconosco.

Eccovi, andiamo

Andiamo a casa

Cullati da questo pullman

Fra le luci della notte.

Sogno

È un sogno

che hai deliberatamente

scelto

Di non vivere.

Bruciava nel tuo cuore,

così come nel mio.

Splendeva in un modo

che faceva così male.

Splendeva come mai

ho visto splendere un desiderio.

Dovevi solo proteggerlo

con una teca di vetro

per impedire che le fiamme ci scottassero.

Dovevi solo osservare

la direzione del vento

Per non far divampare l’incendio

e trasformare in un fuoco devastante

il calore di quella tua fiamma.

Che scaldava una dolce gioia

di ridere e scherzare

Schizzarci con l’acqua

e farci prendere

da un’euforia così bella

Da una vita di specchi ridenti.

Cos’ho visto, non ricordo,

ma era sempre lontano.

Come in un sogno,

non era qui.

Hai scelto

di non farlo avvicinare

Di non portarlo qui

con la teca di vetro.

Di non guardarlo insieme,

ma di spegnerlo con l’acqua

per non rischiare di scottarti.

E ora qui è il gelo,

e si muore di freddo ❄️